La banchina del porto è gremita di folla. Un uomo si trascina dietro una valigia legata con un pezzo di spago. Si ferma, si guarda intorno e con un cenno della mano fa segno ad una donna e a due fanciulli di avvicinarsi.
La grande mano callosa si sporge sulle teste dei bambini, li sfiora con una carezza breve, da uomo, perchè si sà - i figli si baciano solo durante il sonno.- La donna ha lo sguardo triste, un fazzoletto in testa per riparasi dal forte sole, un abito consunto dal tempo e dalla miseria...
Presto ! Non c'è più tempo per i saluti, per i gesti d'affetto...la nave sta per partire e bisogna affrettarsi a salire.
L'uomo asciuga il sudore della fronte e passa un dito su una vigliacca lacrima che lo sorprende debole, lui che debole non vuol essere considerato.
Sale la passerella, prende posto sul ponte e con sguardo gia lontano, si accinge a salutare la moglie ed i figli.
Parte...il più piccolo dei bambini, un maschietto indebolito dalla fame, raccoglie tutte le forze che ha e corre per qualche metro lungo la banchina verso quella nave che pian piano si allontana. La sua voce grida qualcosa che l'uomo non può più udire ma che può capire.
La folla si è dispersa in fretta. Sul chiaro cemento del porto sono rimaste solo tre figure : una donna intenta a pregare affinchè il suo uomo faccia buon viaggio ma soprattutto, che possa tornare da lei e i suoi bambini. Una femminuccia con il viso rivolto verso il basso e un maschietto troppo magro.
Non ancora troppo lontano... l'uomo slaccia il nodo dello spago e dalla vecchia valigia tira fuori una foto gia consunta dalla nostalgia.Una piccola famiglia in bianco e nero che sorride verso l'obiettivo, forse ignara o forse già consapevole di ciò che sarà...
Questa breve storia fa parte dei ricordi della mia famiglia fin dalla fine degli anni '50, periodo in cui si sono svolte le vicende raccontate. Grazie al cielo, i protagonisti della vicenda hanno avuto fortuna, si sono ritrovati dopo pochi anni e si sono ricongiunti in una terra nuova ma, felici di stare finalmente insieme.
Io come molti conosco bene il dramma degli emigranti perchè, nella mia famiglia sono stati in molti a dover partire chi per l'Australia, la Germania, il nord Italia, gli U.S.A, il Belgio...
C'è chi è tornato, altri si sono ormai stabiliti altrove ma per tutti è fortissimo il legame con la terra natia, con le origini della propria famiglia. Legame che si vede e si sente, quasi fosse materia, quando questi ultimi per un periodo riescono a tornare a "casa".
Si riempiono lo sguardo con tutto quello che li circonda perchè, - servirà una scorta di ricordi durante i momenti bui. - Non pensano a quello che non va perchè troppo occupati a godersi ciò che per tanto, troppo tempo, è stato loro negato dalla distanza.
La loro forza è la nostra, il loro dolore è simile al nostro, i loro ricordi si mescolano ai nostri, il loro dialetto imbastardito dalle lingue straniere ritorna ad essere cosa viva, la loro vita si completa come un rompicapo in cui un pezzo smarrito e poi ritrovato, viene rimesso finalmente al suo posto.